Se vai in su a destra troverai gli altri dueo “stol”. Ti rimando al pannello di approfondimento.
Se, invece, comodamente scegli la discesa costeggiando l’originale acqua corrente – attento però a dove metti i piedi – ti avvicini al Tabià del Rico. Attenzione: l’acqua di quella fontanella non è potabile.
El Tabià del Rico è diventato un suggestivo museo etnografico privato grazie alla passione di Mary Orler, figlia di Rico, e dalla sua voglia di mettere a disposizione di tutti le “cose” antiche proprie e donate da molte persone. Prezioso è stato l’aiuto di Albino Bond, emigrante per cinquant’anni in Australia e al suo ritorno curatore, custode e guida di questo mondo antico.
Entrando al piano terra ci si perde fra i ricordi guardando fotografie, oggetti da lavoro, ricami, un angolo di casa con piatti, stoviglie, pentole, macinini e tutto il necessario per brandire il tavolo. Mary ha sempre fatto la sarta e disponeva di molti abiti tra i quale anche gli abiti folcloristici, al tempo i vestiti delle feste. Nel vecchio guardaroba c’erano tre tipi di abbigliamento: il vestito da lavoro, semplice e spesso malridotto; il vestito “de palot”, usato per i momenti di rispetto; il vestito delle feste come messe, matrimoni e per tutte le festività importanti. Naturalmente differenziati estate e inverno. Nel piano superiore è stata ricostruita una stanza di fine ottocento, il letto era quello del curato. Corredi, immagini sacre, attrezzature di primo intervento, una culla coi bambolotti. Nell’altro angolo, tutti gli strumenti utilizzati per battere e filare lino, canapa e lana. Da notare anche il soffitto sopra il telaio, originale e proveniente da una vecchia casa di Mezzano. Lasciati cullare dal ricordo e ritrova te stesso in qualcuno di questi oggetti. Con calma.
Quando uscirai al bagliore della luce, forse un po’ rinato, sarò lì ad aspettarti.